La stagione migliore.

Novembre se ne sta andando e sarà strano chi scrive, ma per lui è forse il mese migliore per uscire in bicicletta.
In quei sabato mattina incerti, che forse dovrebbe piovere, ma poi non piove e il cielo è azzurro dipinto di schizzi in una scala di grigi da interpretare come concezione astratta.

Quando vestirsi, e come vestirsi, è una scommessa, dal balcone percepisci una temperatura, in garage un’altra, sali in sella e l’aria ti sveglia anche quella parte di anima che di solito rimane sopita fino agli ottanta anni se ci si arriva, poi fai due pedalate in salita, entri in un tornate, esci, e vedi casa stretta nell’abbraccio della nebbia mentre continui a salire e ad aprire il giubbotto, la felpa, la gabba, lo scafandro, qualunque cosa tu abbia addosso, maledicendoti perché potevi vestirti più leggero. 
Pedali mentre il sole dà il bacio del buongiorno alle colline, accarezzando i vigneti colorati d’autunno della Valsamoggia, il Pignoletto è già nelle botti, il novello nelle bottiglie. 

Il Lavino scorre lungo il suo letto, fiancheggia la strada verso Calderino che ancora in ombra or ti fa ringraziare di esserti coperto a dovere. 

In sabati come questi potrebbe essere una tragedia bucare e dover tornare a casa in automobile, ma quando uno è presidente riesce a prendere con filosofia anche una sfortuna del genere, andando a sfogarsi a casa con scopa e mocio in mano, mentre il resto degli amici sfilano, ognuno del proprio passo, fin su a MonteBudello scendendo a Savignano, poi Spiaggetta sulle rive del Panaro e continuando a godere di quel caldo anomalo salendo allegri verso SanDalmazio. 
In cima, verso mezzodì, le nuvole raggruppano i grigi e oscurano il cielo. Il sole spegne il suo tepore e la discesa veloce e tirata è l’unico modo di scaldarsi, con il finale di un caffè caldo che in un giro non deve mancare mai. 

Le energie cominciano ad esaurirsi ma ad un Guglia dietro motore non si può rinunciare e l’aria fresca della pianura viene soffocata da un buon odore di scarico di un cinquantino che chiede pietà e che forse starebbe meglio lui a ruota che sicuramente noi. 
Caldo freddo, caldo freddo, i chilometri scorrono le gambe mulinano, spingono e si sfiniscono, in quella fatica che è puro piacere verso l’inverno e il nuovo anno. 


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