113, le Storie di Fabione!

Venendo da Savignano  la salita di Guiglia inizia all’incrocio che scende a Marano, verso la Spiaggetta, ed inizia spianando. Uno strappetto, che molti definirebbero un cavalcavia, la anticipa, ed è proprio lì che si capisce in che modo si affronterà la salita, soprattutto quando si è in un bel gruppo numeroso che lo affronta come se fosse la cima della salita non l’anticipo. Io Gianluca e Fabione abbiamo subito capito come affrontarla iniziando a chiacchierare prima dell’inizio della strappetto che la anticipa, mentre davanti il gruppo lo prendeva come se non esistesse, un saltello a piedi pari, un passo per fare due gradini. 

Guglia è una salita semplice, dalle pendenze dolcissime almeno fin all’omonimo paese, è una salita variabile nella distanza, tra gli 8 e i quasi 20 chilometri che possono aumentare anche a 30 se fatta fino in cima al Passo Brasa. È una salitella al cospetto delle grandi salite che anche l’Appennino può regalare, ma è una delle poche lunghe per chi abita nella zona tra Bologna e Modena. Paragonata a qualche grande salita può assomigliare al Brennero, come dolci pendenze ma non per costanza, con qualche discesa a interrompere il ritmo.

Ed è proprio facendo questo accostamento che al primo tornante, che apre alla valle del Panaro e chiude sul Castello di Savignano, Fabione comincia a raccontare della sua Oetztaler. La sua tremenda, eroica, incompleta Oetztaler.

“Stavamo scendendo veloci verso Otz, dieci chilometri dopo il via, ho cominciato a sentirmi strano e in men che non si dica la ruota dietro era a terra e viaggiavo sul cerchione. Mi sono fermato, tubolare tagliato, irreparabile, era da cambiare La moto dell’assistenza è arrivata subito, non aveva ruote con i freni a disco, questo è un problema che avremo anche nei prossimi anni noi che abbiamo i freni a disco. Il ragazzo ha guardato nella cassetta e ha tirato fuori un tubolare nuovo. Mi ha fatto vedere il prezzo, novantanove euro, cosa facevo mi ritiravo? Era appena iniziata. Con il biadesivo e la manodopera siamo arrivati a 113 euro, da pagare il giorno dopo in Segreteria. Per fortuna il tubolare dietro a fine stagione era da cambiare, quello davanti invece era nuovo, nella sfortuna sono stato anche fortunato.
Son rimontato in sella tutto sommato in poco tempo e con un lavorino fatto bene, e soprattutto ad una modica cifra…. 
Ero ultimo, ero praticamente fuori gara, anche il fine corsa era passato. Ho fatto tutto il Kuthay da solo poi in cima ho cominciato a vedere finalmente qualcuno, li ho ripresi prima della discesa, ho fatto il tratto prima di Innsbruck con il gruppetto e quando ho attaccato il Brennero ho cominciato a rimontare. 
A metà Brennero ho guardato la media e non ci potevo credere, avevo i ventotto, mai andato così forte. 
Il Giovo l’ho attaccato bene, sembra infinito, il ristoro non arrivava mai e quando arriva la salita non è neanche finita.”

Poi il Rombo, all’ultimo rilevamento a 10 km dalla cime erano da poco passate le dieci ore, non stavi andando male. 

"Si è vero, però me ne sono accorto solo in camera. Il Rombo è stato un patema, non sapevo quanti chilometri mancavano ma nel tratto finale ad un certo punto ho visto un tornante con un po’ di spazio, mi sono fermato, ho lanciato la bicicletta nell’erba e sono crollato. Avevo la nausea, sono stato fermo un pochino ma non riuscivo proprio a ripartire. Sono sceso in pullman e così ho terminato la mia Otzaler. In camera quando ho scaricato il giro ho visto che mancavano poco più di 6 km alla cima. Col senno di poi sarei potuto ripartire. L’ultimo è arrivato dopo 13 ore, io mi sono fermato sulle dieci ore e mezza. Ma non ce la facevo proprio più.”

Il tornante all’incrocio con Case Sereni è ciò che rende Guiglia una salita vera. Da dietro si vede il gruppo che comincia a scremarsi, un terzetto avanza mentre altri arrancano. Fabio è Gianluca continuano a parlare mentre io senza accorgermene faccio scendere un dente e metto qualche watt in più sui pedali. Al tornante un attimo di indecisione mi fa sussultare sul da farsi, aspettare e continuare le chiacchere oppure andare a riprendere gli staccati? L’agonismo vince e senza esagerare mi metto a spingere seriamente. Quasi in cima ho ancora qualche metro dal terzetto che mi precede e metto sui pedali tutti i watt e tutto il cuore che ho. Arrivo davanti a loro mentre i primi han già riempito le borracce. 

La voglia di lanciare la bici come ha fatto Fabio sul Rombo mi sfiora la mente, poi ragiono, forse dovrei buttarmi via io. 

Fabio arriva rilassato durante il giro mostrerà una gamba bella piena e in forma, con il senno di poi essersi ritirato a pochi chilometri dalla cima del Rombo può sembrare un vera cavolata. Ma dopo quello che aveva fatto nei duecento chilometri precedenti il senno del poi può tranquillamente andare a farsi benedire. 

Con una gamba ancora in forma, la voglia di correre e la fortuna di aver comunque stracciato il tubolare che a fine stagione avrebbe dovuto cambiare, Fabione prende il via a Peschiera all’ultima prova dello Zero Wind, la Bike Division. 

Corre bene, rimane con Gianluca fino alla salita poi rallenta un po’ per spingere in pianura fino a venti chilometri dalla fine quando la modica cifra di 113 euro si straccia nuovamente. Ottimista aveva detto su per Guglia che il cambio ruote, per chi ha i dischi, sarebbe stato un problema nei prossimi anni, senza sapere che la settimana dopo l’assistenza della Bike Division non aveva ruote per la sua bicicletta costringendolo a salire nuovamente sul carro scopa, direzione Peschiera. 

Mandando il tubolare da 113 euro insieme al senno del poi a farsi benedire…..

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