Il nostro Grazie alla gente delle Alpi

La Pioggia di una primavera mai sbocciata aveva lasciato lo spazio ad un sole caldo e ad un azzurro intenso che faceva uno splendido contrasto con la neve fresca caduta, da pochi giorni, sopra i duemila metri. I fiumi pieni, carichi e assordanti sprigionavano energia che a molti sarebbe servita sulle dure rampe verso Pampeago il giorno dopo.

Il Giro era appena passato, salendo anche troppo blandamente verso il Rolle e la TV aveva inquadrato le vie di Predazzo affollate di appassionati, curiosi e ciclisti pronti a pedalare il giorno successivo sulle strade della Marcialonga Cycling. Non vi era fila al ritiro pacco gara, tutti erano composti nel ritirare i pettorali, e l’operazione scorreva veloce, come veloce sarebbe arrivato il mattino successivo, dove gli stessi, ai primi raggi di sole, senza la consuale frenesia, entravano in griglia, all’ombra di quei monti feriti dal vento assassino dell’autunno che ad ascoltarli bene gridavano aiuto. Quegli alberi sdraiati e ammassati su se stessi, che avevano spogliato molti pendii, stringevano il cuore, chiudevano lo stomaco e inumidivano gli occhi.

Eppure eravamo lì, pronti a partire con le strade libere e pulite dopo il disastro che nessuno mai avrebbe potuto immaginare. Il popolo della montagna, la gente delle Alpi che da sempre aveva vissuto e preservato quei boschi, li stava curando come infermieri in guerra.

Sul Lago di Carezza, dopo aver scollinato il Passo Costalunga, lo smarrimento nel vedere quello scenario così ferito faceva dimenticare della gara e del cronometro, e in religioso silenzio i Granfondisti passavano, scendendo verso Ponte Nova, con la tristezza nel cuore.


Si fa tanto parlare delle Granfondo e della loro utilità, se è vero che l’agonismo, la sua ansia di stare dietro ad un cronometro, il suo portare ad immedesimarsi troppo ai professionisti, lontani anni luce dal nostro andare, è forse l’ultimo passo e non fondamentale, del saper andare in bici, il suo indotto e la massa che muove, è forza e motivazione per amare, e in questo caso aiutare, un territorio.  


Se Domenica eravamo lì con le strade chiuse, pulite e sicure, con la gente della montagna ad applaudirci come Girini, che fossimo nei primi gruppi o negli ultimi, era grazie a quella stessa gente e la nostra presenza era anche per dargli una mano, per dirgli siete grandi e non siete soli.

La Alpi si rialzeranno, come noi sui pedali ci siamo alzati per scalarle. 
La loro bellezza è unica al mondo, e l’orgoglio di essere stati applauditi da quella gente che tanto le ama, e tanto le cura, ce lo porteremo per sempre dentro di noi.

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