Sabato Ventoso

Un’aria fredda, secca, che poco aveva a che fare con l’aria calda della settimana che si assaporava nell’ora di libera uscita dal lavoro.

L’inverno non era finito e timidamente lo ricordava. Nonostante il termometro segnasse poco sopra lo zero, l’umidità era un ricordo lontano dell’autunno e salire lungo i tornanti verso Cà Bortolani, nelle prime ore in cui il sole illuminava questo angolo di mondo, era più che piacevole.

Difficile capire questo pazzo meteo che durante la settimana regalava caldo tepore e nel weekend spazzava la terra con un vento forte e gelido, che prendeva le gambe e le stringeva come tenaglie.

Anche la natura si confondeva e a lato strada, verso borghi ormai disabitati, ma mai dimenticati, un pesco era già tutto in fiore anticipando tempi che presto sarebbero arrivati.

Dall’alto di Venola, il Reno specchiava il cielo rendendo l’azzurro intenso ancor più acceso.

Il vento, così pazzo quanto il meteo, non aveva né capo né coda, non aveva un senso, non aveva un verso, urlava nelle orecchie e picchiava nelle gambe e la Porrettana, tanta saggia quanto rigida, diventava anche cattiva.

Una pazzia per molti, una normalità in realtà, le ruote uscivano dall’asfalto e toccavano la terra e la ghiaia, tra l’ultima foglia seduta e i campi a riposo ormai pronti alla Primavera. Lo sterrato, difficile, strano, diverso, per questo vita pura.

Una Coca cola con gli amici, qualche chiacchera e l’intento di pedalare in tranquillità distrutto da via Landa e da una fila indiana a testa bassa e a cuore alto, fin lassù a MonteSanPietro, dove il cielo sembrava più vicino e le energie molto più lontane.


Il vento tirava, spazzava, picchiava, urlava, dalla pianura fino alle cime più alte dell’Appennino, pedalare non era facile, tornare verso casa un’impresa che solo la bicicletta poteva rendere tale.

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